Art. 1.
(Princìpi e finalità).

      1. Per «mobbing» si intendono gli atti e i comportamenti posti in essere da datori di lavoro, capi intermedi e colleghi, che danno luogo a condotte persecutorie, attuate con evidente e mirata determinazione, con carattere di continuità e finalizzati ad arrecare danno alla salute psico-fisica del lavoratore, ovvero ad emarginarlo e penalizzarlo nello svolgimento delle sue mansioni o allontanarlo dall'ambiente lavorativo in seno al quale presta la propria opera.
      2. Gli atti e i comportamenti rilevanti ai fini della presente legge comprendono:

          a) molestie e maltrattamenti verbali quali attacchi alla reputazione, calunnie, pettegolezzi e ogni altra offesa e insinuazione che possa ledere l'immagine e le relazioni sociali del lavoratore, ovvero arrecare danno alla sua carriera professionale pregiudicandone la salute psichica;

          b) atti tesi all'emarginazione del lavoratore quali carenza di informazioni, esclusione sistematica ed immotivata dai momenti di socialità;

          c) atti vessatori o intimidatori quali controlli e sorveglianza continui privi di valida motivazione, minacce di trasferimenti, violazione della segretezza della corrispondenza privata, cartacea o elettronica, mancata concessione di permessi o di ferie, blocco della carriera professionale attraverso l'ingiustificata rimozione da incarichi ricoperti proficuamente o la svalutazione dei risultati conseguiti;

 

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          d) comportamenti o provvedimenti di discriminazione sessuale, etnica, politica o religiosa, anche quando messi in pratica attraverso allusioni o sottintesi malevoli.

      3. Il danno di natura psico-fisica, provocato dagli atti e dai comportamenti di cui al comma 2 è rilevante, ai fini della presente legge, quando incide sulla capacità lavorativa del lavoratore sia pregiudicandone la stima di sé sia inducendolo a crisi depressive o cagionando danni diretti o indiretti alla sua salute.